“Un sistema ‘ibrido’,
che dovrebbe sulla carta tutelare le produzioni d’origine. Una
soluzione che e’ stata frutto di una mediazione. Vediamo quale
sara’ la domanda per il 2016. Serve equilibrio, per rispondere a
un mercato che per essere tale deve avere regole. L’obiettivo
resta sempre quello di valorizzare il nostro prodotto,
aumentando i margini di guadagno”. Lo ha detto l’assessore
regionale, incontrando oggi a Desenzano del Garda (BS) operatori
vitivinicoli in occasione di un approfondimento sul tema delle
autorizzazioni – che dal 2016, sostituiranno i diritti
d’impianto in viticoltura – organizzato da Cia Est Lombardia.
FINE DEI DIRITTI DI IMPIANTO: COSA CAMBIA – Il sistema vigente
fino al 31 dicembre 2015 era imperniato sul concetto di “diritto
di impianto o reimpianto”. In sua sostituzione, e’ previsto un
regime transitorio, chiamato di autorizzazione all’impianto.
L’Italia ha deciso di adottare tale regime. Dal 1° gennaio 2016,
i viticoltori che vorranno impiantare nuovi vigneti non dovranno
piu’ acquistare i “diritti” da un altro produttore che espianta,
ma dovranno richiedere l’autorizzazione gratuita, sulla base
della disponibilita’ dei singoli Stati. Dal 1° gennaio 2016, i
viticoltori che decidono di espiantare un vigneto regolare
riceveranno un’autorizzazione all’impianto, che non sara’
trasferibile; quindi potranno solamente impiantare il vigneto
nella propria azienda, senza possibilita’ di venderla.
MERCATO SI INGESSA – “Con questa riforma Il mercato si ingessa –
ha denunciato Fava – e’ un dato di fatto, perche’ il mondo del
vino, non c’e’ dubbio, che abbia iniziato a ragionare in termini
conservativi. I problemi sono differenti: in Oltrepo ad esempio
c’e’ chi abbandona perche’ non e’ piu’ remunerativo coltivare a
vigneto terreni spesso ereditati da soggetti che facevano altro
e oggi sono nella disponibilita’ di chi opera a livello
hobbistico, o addirittura di terzi”.
OPERATORI ACCETTERANNO RIFORMA? – “Piu’ che non l’estirpo, c’e’ il
rischio che la consuetudine diventi l’abbandono, con
problematiche non indifferenti, tra cui patologie difficilmente
gestibili – ha osservato l’assessore regionale – . In un
contesto simile da un lato dobbiamo evitare problemi di
sovrapproduzione dove le uve sono ancora remunerative,
dall’altro non dobbiamo dimenticarci quale potra’ essere il
livello di accettazione degli operatori per questa riforma”.
“Vediamo quale e’ il livello di domanda in incremento per il
2016, perche’ il timore e’ che in zone particolarmente vocate,
soggetti esterni al mondo agricolo vogliano andare a impiantare
con l’obiettivo di aumentare produzione e, quindi, la
redditivita’”.
SERVE EQUILIBRIO E VALORIZZAZIONE IN BOTTIGLIA – “Serve dunque
equilibrio, spingere per la valorizzazione in bottiglia e
possibilmente in azienda. Questa e’ la nostra posizione in questi
tre anni, come Regione Lombardia – ha ricordato Fava – . Azienda
che poi puo’ scegliere di articolare la propria attivita’,
produttiva e promozionale, come ritiene, entrando in un sistema
cooperativistico o preferendo altre modalita’. Non siamo
interessati a incrementi forsennati di prodotto, per farlo
finire sul mercato indistinto commercializzato in cisterne”.
ESPORTARE VALORE NON QUANTITA’ – “Noi vogliamo continuare a
mantenere un primato tutto nostro, come Lombardia – ha
rilanciato Fava – , per produzione in termini di etichette
tutelate; un dato che in questo momento ad alcuni potrebbe
interessare poco, perche’ c’e’ chi preferisce la redditivita’ alla
tutela. Ma il mercato si sta specializzando sempre piu’. Se penso
al grande tema dell’ internazionalizzazione, il passo e’
positivo, se esportiamo valore ma non quantita’, a maggior
ragione sui mercati esteri dove e’ piu’ difficile e costoso fare
promozione”.
REGIME TRANSITORIO – “Non so se questo nuovo sistema potra’
funzionare – ha detto in conclusione Fava – Abbiamo scelto di
applicarlo al 2016 per verificarne la portata; c’e’ chi sostiene
che ci saranno zone che si contenderanno le autorizzazioni e
altre che faticheranno a mantenere i vigneti esistenti. A quel
punto cercheremo un equilibrio rispondente a un mercato che per
essere tale deve avere regole. Ma proviamo a darci regole,
quelle europee, per rispondere alla logica di valorizzare il
nostro prodotto vino e ottenere maggiori margini di guadagno,
visto che in termini qualitativi non abbiamo problemi
particolari. Se poi vedo che e’ pagato la meta’, forse lo abbiamo
promosso non nella maniera adeguata”. (Lnews)